I FERRETTI
Tratto da “La nobiltà dei natali” di Francesco Maria Ferretti
Antonio Ferretti, rammentato per la prima volta in un documento del 1255, viene generalmente riconosciuto quale capostipite della casata. Valoroso guerriero di origine tedesca, si dice fosse venuto dalla Germania in Italia verso il 1225 per mettersi al servizio del pontefice Gregorio IX, dal quale fu ricompensato con il dono di ampi possedimenti terrieri, posti tra Falconara e Chiaravalle, in località detta “Piana dei Ronchi”. Antonio, per quanto tramanda la tradizione familiare e non pochi scrittori genealogici, si ritiene appartenesse all’antica stirpe alsaziana dei conti di Ferretto, che esercitò il proprio dominio sulla contea di Ferrette, o di Pfirt, per oltre cinque secoli.
Simone, figlio di Antonio, fu il primo esponente della famiglia a nascere in Italia, presumibilmente intorno al 1235 e, sebbene non si possiedano specifiche informazioni, è facile ipotizzare un suo forte impegno nel consolidare il potere della famiglia sulla Piana dei Ronchi. Simone ed i suoi, familiari, servi, uomini d’arme, provvidero così a rendere più ospitali, salubri e meglio difesi i tenimenti della casata, creando altresì le basi della futura fortuna dei Ferretti. L’attività incessante cui questo primo esponente italiano dovette sottoporsi ne limitò tuttavia la possibilità, ben sfruttata invece dai suoi discendenti, di assumere cariche civili o militari che in qualche misura potessero esaltare, oltre al suo personale prestigio, anche quello della sua casa. Per certo Simone fu compagno del duca Carlo d’Angiò, fratello di luigi IX, re di Francia, quando questi mosse guerra al re Manfredi per la conquista della Sicilia.
Con Pietro e Corrado, figli di Simone, la famiglia si divise in due linee, ulteriormente diramatesi nel corso dei secoli, quella di Pietro, poi detta di “San Domenico” e quella di Corrado, detta del “Guasco”; la prima si estinse verso la metà del XIX secolo, mentre la seconda è tuttora fiorente.
Riteniamo opportuno precisare che le divisioni all’interno della casata ebbero importanza soprattutto sotto il profilo patrimoniale in quanto, dal punto di vista politico, tutti i nuclei familiari furono sempre fedeli alla Chiesa e non di rado si trovarono a dover condividere momenti di difficoltà nei quali poteva essere incorsa una delle tante famiglie; da notare inoltre che i rapporti tra le varie famiglie venivano frequentemente rinnovati da matrimoni tra appartenenti ai diversi rami.
Alla fine del XIII secolo la casata, ormai ascritta al patriziato cittadino, risultava saldamente inserita nel contesto socio-economico di Ancona e della Marca e aveva individuato nei punti di seguito indicati gli elementi essenziali sui quali fondare ed accrescere la propria ricchezza ed il proprio prestigio:
- massimizzazione delle rendite fondiarie
- elezione ai pubblici uffici cittadini
- ricerca di importanti, prestigiose e ben remunerate cariche al di fuori della propria città
- attività armatoriale legata ai traffici marittimi.
“La nobiltà dei natali“
Con il secolo decimo quarto i Ferretti, che ancora possedevano beni comuni, cominciarono a separare le loro proprietà terriere. Il ramo di Pietro rimase nella Piana dei Ronchi, mentre quello di Corrado si stabilì in Ancona concentrando i propri possedimenti a sud della città, nelle vicinanze di Varano, dove possedeva anche l’antico castello.
Corrado, il già rammentato figlio di Simone, fu il primo che ricoprì un importante incarico fuori della sua patria, infatti nel 1301 fu podestà di Perugia, mentre suo figlio Simone rivestì la stessa carica in Firenze nel 1339. Con i precedenti si può ragionevolmente dire che ebbe inizio la lunga serie di politici, amministratori, diplomatici, uomini di chiesa e, soprattutto, soldati che, tra XIV e XIX secolo, misero i loro talenti al servizio delle più grandi città d’Italia e dei principi più illustri di tutta l’Europa.
Sempre nel ‘300 si ricordano Giovanni, abate di Portonuovo, in seguito vescovo di Ascoli e Francesco, due volte podestà di Firenze poi ambasciatore al pontefice e, sicuramente, esponente tra i più illustri di tutta la casata. Francesco, conosciuto anche come valoroso soldato, a seguito dei disordini che travagliarono la Marca, toccando pesantemente anche la Piana dei Ronchi, chiese ed ottenne dal pontefice Urbano VI, di poter consolidare le difese dell’antico fortilizio della famiglia trasformandolo, tra il 1384 ed il 1387, in un vero e proprio castello. Nel 1397 Francesco ottenne dall’allora pontefice Bonifacio IX l’elevazione a contea delle sue terre ed il relativo titolo di conte trasmissibile in infinito ai suoi discendenti; il breve di Bonifacio IX sanciva la nascita di un luogo baronale, denominato prima Castelfrancesco ed in seguito Castelferretti, direttamente referente al potere papale e del tutto autonomo dalla vicina città di Ancona.
Francesco Ferretti, nella “Pietra del Paragone”, dà una sommaria descrizione del castello e feudo di famiglia, indicando vari dati di interesse generale e permettendoci così di sapere che il castello (non precisa però l’epoca) teneva un presidio di oltre cento uomini armati, al soldo dei conti Ferretti. Liverotto di Francesco, podestà nel 1389 e 1399 di Firenze, capitano del popolo nel 1402 nella stessa città, podestà di Genova nel 1404 e di Brescia nel 1406 e nel 1409, elevò ancor più il potere ed il prestigio di tutta la sua casa.
Il successo e le ricchezze che i Ferretti andavano accumulando furono spesso causa di odi ed inimicizie tanto che la casata fu più volte coinvolta in gravi scontri con altre famiglie ed addirittura si trovò ad essere, ingiustamente, accusata di tradimento nei confronti della Santa Sede. Francesco, nome ricorrente nell’onomastica familiare insieme a Girolamo, Giovanni ed Antonio, fu invece accusato di ribellione verso la Santa Sede e solo il personale intervento del pontefice Martino V, al secolo Oddone Colonna, gli consentì di dimostrare la totale estraneità, sua e della famiglia, a qualsiasi complotto. Francesco, che già aveva rivestito la carica di podestà di Firenze e quella di capitano del popolo in Bologna, grazie all’interessamento di Martino V, ottenne nel 1424 la podesteria di Perugia, fu ambasciatore a Costantinopoli e nel 1429 fu nominato senatore di Roma.
Antonio nel 1411 ottenne, per sé e per i propri discendenti, l’iscrizione alla cittadinanza veneziana con possibilità di presenziare a tutti i Consigli e Ordinamenti del senato veneziano. Figura di grande religioso fu Gabriele, dei Minori Osservanti, tanto che alla sua morte, avvenuta nel 1456, la città di Ancona si rivolse al pontefice per ottenere la sua iscrizione nel Libro dei Santi. Gabriele, al quale furono riconosciuti non meno di novanta miracoli, ottenne poi la palma di Beato. Lo scrittore Gabriele Chiabrera, nell’ “Amedeida”, esaltò il valore di Antonio Ferretti quale grande guerriero che combatté, a fianco dei gerosolimitani, contro gli infedeli durante l’assedio di Rodi del 1440. Nei soliti anni si ha memoria di Felice, valoroso capitano di ventura agli ordini di Pietro di Navarra, commilitone del Gattamelata e noto anche per aver dato vita al ramo dei Ferretti di Perugia. Felice morì in Verona nel 1440.
Con Ciriaco la casata fu insignita di un secondo titolo comitale conferitole dall’imperatore Federico III nel 1469; a Ciriaco si deve anche l’ampliamento del castello di Varano e l’acquisto di altre terre nelle sue vicinanze. Angelo fu comandante dei Pisani e capitano di lance per Carlo VIII re di Francia, al cui seguito si recò nel 1494 alla conquista del Regno di Napoli.
Antonio, più volte ambasciatore ai pontefici, nel 1517 fu uno dei tre capitani generali che comandarono la difesa di Ancona quando la città venne attaccata dal duca Francesco Maria della Rovere.
Soggetto tra i più ragguardevoli della casata e, senza dubbio, di tutta la Marca, Angelo di Girolamo fu uomo ricchissimo e di grande seguito. Esiliato nel 1530 dal legato pontificio Benedetto Accolti, fece ritorno in patria tre anni dopo iniziando subito la sua inarrestabile ascesa. Edificatore del magnifico palazzo sul colle del Guasco, proprietario di oltre cento immobili, fra cui magazzini ed osterie, Angelo, secondo la tendenza del tempo, investì ingenti capitali nell’acquisto di vasti appezzamenti terrieri. Particolarmente attento all’avvenire dei figli, impiegò per loro cospicue somme di denaro affinché potessero vivere all’altezza del loro rango. Maritò le figlie Giovanna a Nicolò Todini e Medea a Giacomo Malatesta da Rimini. Grazie alle sue influenti amicizie riuscì a far liberare il genero, Malatesta, quando questi cadde prigioniero dei turchi.
Senza ombra di dubbio si può affermare che con Angelo la stirpe anconetana raggiunse il suo massimo splendore.
Alessandro, figlio del precedente, fu maestro di campo di Carlo IX re di Francia e nel l565 entrò al servizio della Repubblica di Venezia, per la quale combatté a Cipro; nell’ottobre del 1571 Carlo IX lo elevò al rango di cavaliere di San Michele. Lando, podestà in varie città della Marca nella seconda metà del XVI secolo, e grande cultore di lettere e storia è soprattutto ricordato per aver scritto una storia di Ancona, rimasta tuttora inedita. Cesare nel 1589 ottenne, per sé e per la sua famiglia, il titolo di Nobile del Sacro Romano Impero dall’imperatore Rodolfo II. Girolamo fu comandante di una compagnia di duecento fanti e generale delle armi di Ancona nel 1619. Fabrizio, inizialmente paggio del duca di Urbino, si trasferì in Francia dove, dopo essere stato al servizio del cardinale Mazzarino, divenne gentiluomo di camera di Luigi XIV; anche Angelo nel 1649 servì il re Sole come gentiluomo di camera. Leonido di Alessandro e di Leonida Malatesta, a seguito delle disposizioni testamentarie dell’avo materno, assunse nel 1639 il titolo di marchese di Roncofreddo e Montiano e aggiunse al proprio, il cognome dei Malatesta. Girolamo, colonnello dell’esercito pontificio, cadde in combattimento durante l’assedio di Pistoia del 1643; i fratelli Giacomo, Paolo e Alessandro di Leonido, intorno alla metà del XVII secolo, furono tutti al servizio della Repubblica di Venezia.
Flavio appartenne all’Ordine dei Canonici Regolari e fu abate del convento di Ancona nel 1663. Francesco di Pier Gentile, dopo essere stato coppiere del cardinale Omodei, al servizio degli Este, podestà di Urbino e di altre città della Marca, nel 1658 divenne gentiluomo di camera di Luigi XIV, re di Francia. Uomo di grande cultura fu autore della “Pietra del paragone della vera nobiltà”, opera genealogica forse di non grande pregio letterario ma sicuramente indispensabile per conoscere la casata dei Ferretti di Ancona e la storia della stessa città. Lorenzo servì nell’esercito di Luigi XIV, partecipò alla battaglia di Lens e fu Scudiere della Gran Stalla dello stesso sovrano, in seguito passò al servizio di Carlo II d’Inghilterra.
Personaggio di grande levatura, anche se contrariamente ai suoi desideri non ebbe la possibilità di dar prova dei propri talenti, Giuseppe di Ottavio è ricordato per l’impegno profuso, vita natural durante, nel riassesto delle precarie condizioni finanziare della sua famiglia; alla sua morte, avvenuta nel 1686, il gravoso compito affidatogli dal genitore era completamente assolto. Giuseppe, autore di una interessante serie di biografie sugli esponenti del suo ramo, fu uomo i cui interessi intellettuali e la cui disponibilità personale travalicarono, di gran lunga, i tipici orizzonti di molti nobili del suo tempo.
Pio, valoroso soldato, fu al servizio della corona di Spagna, della Santa Sede e della Repubblica di Venezia per la quale combatté a Candia, nel periodo 1663 1668, tornato in Italia fu promosso generale della cavalleria pontificia da papa Clemente X.
Raimondo intraprese la carriera ecclesiastica e dopo essere stato vescovo di Recanati e Loreto nel 1682 divenne arcivescovo di Ravenna nel 1694; Ravenna lo ascrisse, insieme alla sua famiglia, alla nobiltà cittadina. Giovanni, fratello del precedente, fu generale delle galere pontificie.
Cesare, capitano del porto di Ancona nel 1705, fu aggregato con tutti i suoi discendenti alla nobiltà di San Marino e alla cittadinanza ferrarese. Soggetto tra i più rappresentativi della casata, Cesare ospitò nel suo palazzo di San Domenico eminenti personalità politiche, quali S.A.R. Sofia Dorotea di
Neuberg, duchessa di Parma e madre della regina di Spagna, Clementina Sobieski, figlia del re di Polonia, moglie del pretendente al trono di Inghilterra, con il figlio Enrico duca di York, ed ancora nel 1736 le due figlie del duca Rinaldo d’Este. Nel 1742, a seguito dell’estinzione degli ultimi discendenti maschi di casa Palunci, Lorenzo, marito di Piera Giovanna Palunci, ereditò il marchesato di Palombo. In campo religioso si ricordano Gabriele, protonotario apostolico e consultore del Santo Uffizio negli anni 1713, 1721 e 1737, Ottavio assistente di Segnatura nella curia pontificia nel 1795 e Vincenzo, vescovo di Rimini dal 1779 al 1806. Nel 1784 si ha memoria di Onofrio, già al servizio di Vittorio Amedeo di Savoia come capitano tenente nel reggimento di fanteria “Aosta”, elevato al rango di “Gentiluomo di bocca” dello stesso sovrano. Per il secolo XIX appaiono particolarmente degni di nota, anche se come cavalieri gerosolimitani verranno trattati in seguito, i fratelli Giuseppe, Cristoforo e Gabriele di Liverotto; i primi due servirono gli eserciti napoleonici mentre il terzo, cardinale di S. R. Chiesa, divenne segretario di Stato del pontefice Pio IX, al secolo Giovanni Maria Mastai Ferretti.
Pietro, fratello dei precedenti, fu vicepresidente dell’Accademia degli Innominati ed a restaurazione avvenuta ricoprì varie cariche pubbliche. Di idee liberali, durante i moti del 1831 fece parte del governo provvisorio della sua città attirandosi così le ire del governo pontificio che lo escluse in seguito dall’amnistia. Esule a Corfù, in Egitto ed in Francia, dove conobbe Giuseppe Mazzini, divenne corrispondente della Giovane Italia; riparato infine in Napoli, presso il fratello Gabriele qui nunzio apostolico, visse dedicandosi ai commerci. Nel 1846, finalmente, compreso nell’amnistia concessa dal pontefice, fece ritorno in Ancona e da qui in Roma, ancora, al seguito del fratello Gabriele che andava ad occupare la carica di segretario di stato. Nel 1848 Pietro fu chiamato a far parte, come ministro delle Finanze, del governo rivoluzionario napoletano, presieduto da Carlo Troya; dimissionario dal governo e firmatario del manifesto liberale contro la reazione, il Ferretti fu ancora costretto a fuggire; morì nel 1858 in Firenze dove era vissuto grazie all’aiuto economico del fratello Cristoforo.
Lorenzo, alfiere nel reggimento del maresciallo Froelick, Raimondo, ultimo feudatario di Castelferretti, Giuseppe, balì e reggente dell’Ordine di Malta dal 1872, e altri ancora, fino a giungere a Piero e Gabriele, padre e figlio, valorosi combattenti, pluridecorati delle due guerre mondiali, molti furono i Ferretti che, anche in tempi a noi vicini, onorarono la loro casa.
“I matrimoni”
Sapienti utilizzatori dell’istituto matrimoniale i Ferretti si unirono con famiglie illustri, non solo, di Ancona e della Marca ma anche del resto dell’Italia, riuscendo in questo modo ad accrescere il loro prestigio e le loro ricchezze. In Ancona il maggior numero di matrimoni si registra tra gli stessi componenti delle varie famiglie Ferretti, seguiti da quelli con la potente consorteria dei Bónarelli (sia ramo della Rovere che della Colonna) e quelli con la casa dei Toriglioni. Ottoni, signori di Matelica, Uffreducci, signori di Fermo, Leopardi di Osimo e Recanati, Gallo di Osimo, Venier di Recanati, Mauruzzi di Tolentino e poi Trinci, signori di Foligno, Landriani di Lombardia, Dal Pozzo della Cisterna del Piemonte, Malatesta, signori di Rimini, Capello di Venezia, Cenci, Costaguti, Altemps e Massimo di Roma sono solo alcune delle grandi casate con le quali si unirono al di fuori della loro città.
“Le dimore“
Consapevoli del loro rango i Ferretti cercarono di rendere visibile, anche attraverso lo sfarzo delle loro abitazioni, lo stato di estrema prosperità da essi raggiunto. Dalle medievali case di piazza San Nicola e dal castello dei “Ronchi”, sorto peraltro con funzioni prettamente difensive, già a partire dal XV secolo, vari esponenti della casata iniziarono a ricercare ambienti abitativi di sempre maggior prestigio.
Di seguito, e senza pretesa alcuna di essere esaustivi, daremo un breve cenno di alcune ville e palazzi appartenuti alla famiglia.
– Palazzo di San Pellegrino. Magnifico palazzo edificato sul colle del Guasco nella prima metà del `500 da Angelo di Girolamo, su probabile disegno di Antonio da Sangallo. Considerato il periodo storico in cui fu costruito (subito dopo la cacciata del cardinale Accolti), il palazzo fu considerato come il segno tangibile della rinascente potenza di Ancona, oltreché un’opera degna di stare alla pari con i grandiosi palazzi di Roma, Venezia o Firenze. Pellegrino Tibaldi nel XVI secolo ne aveva affrescato varie sale e nel `700 Cristoforo Ferretti ampliò la primitiva costruzione, realizzando le bellissime scale e decorando, con l’aiuto del Vanvitelli, molti ambienti.
– Palazzo di piazza San Francesco. L’edificio, sorto su una precedente costruzione gotica, si presenta con belle facciate decorate tra XVI e XVII secolo.
– Palazzo dell’odierno Vescovado. Appartenne ai Ferretti del ramo detto di Pozzolongo.
– Palazzo di piazza San Francesco. Altro edificio di cui è rimasto solo un grandioso portale bugnato. Il palazzo appartenne al ramo dei Ferretti da cui discese l’autore della ” Pietra del Paragone”. ”
– Palazzo di San Domenico. In angolo tra l’omonima chiesa e piazza del Plebiscito accoglie attualmente la sede della Biblioteca Comunale e nelle sue sale si conserva una grande quadreria raffigurante vari soggetti di casa Ferretti. Il palazzo, iniziato da Angelo di Girolamo fu portato a compimento dal figlio Giulio nella seconda metà del XVI secolo.
– Palazzetto di San Domenico. Nella solita piazza del precedente, fu dimora del ramo Malatesta Ferretti.
– Palazzo di via Matas, distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.
– Palazzo in piazza San Nicola, ora distrutto.
– Palazzo in Camerano. Tuttora esistente e conosciuto come palazzo Ricotti, dal nome degli ultimi proprietari.
– Villa il Giardino. Residenza estiva, costruita nel XVI secolo in una zona agricola all’interno di Ancona.
– Villa nei pressi di Varano. Sorta con finalità agricole subì nel corso dei secoli varie trasformazioni che aggiunsero alle primitive funzioni anche quelle di residenza estiva.
– Villa di Monte Domini. Ubicata sulla sommità della collina che sovrasta Castelferretti, sorse nel ‘500 come tipica residenza di campagna.
– Villa di Valcastagno. Nella prima metà del ‘700, passò per eredità ai Ferretti e poi, a seguito di una transazione di primogenitura, pervenne alla famiglia Nembrini Gonzaga.
– Villa Terni a Falconara. Costruita come residenza estiva dai Ferretti nel 1760, veniva utilizzata in alternativa a quella di Monte Domini.
– Castello di Castelferretti. Da una certa epoca in poi anche il castello, al cui interno furono ricavati vari appartamenti, ebbe funzione abitativa.
– Castello di Varano. Residenza estiva ricavata dai primitivi ambienti del castello fu, soprattutto, utilizzata per la sorveglianza dei raccolti.
– Attualmente quadri e mobili del palazzo di San Pellegrino sono conservati nella villa Ferretti di Castelfidardo, residenza estiva dei duchi Ferretti di Castelferretto.