Il Cristo ritrovato
Tutti i castelfrettesi conoscono o perlomeno hanno sentito ripetere un vecchio detto paesano:
“A Castalfrett’ nostr c’è un Crist gross gross” che, per i più irriverenti, termina con: “ che ’nte fa ‘na grazia manco se te pia ‘n colp ”, pochissimi tuttavia ne conoscono l’origine e per tantissimi è considerato un semplice frutto della fantasia popolare.
Lo scorso anno però, una felice concomitanza ha fatto luce sul mistero.
L’arch. Marco Turchi si trovava, per motivi di lavoro, presso l’ufficio di don Luca Bottegoni, responsabile dei beni artistici dell’Arcidiocesi di Ancona-Osimo. Al termine dell’incontro, quando già erano iniziati i saluti di rito, il sacerdote disse: “nei magazzini del museo diocesano abbiamo in custodia da tantissimo tempo una statua lignea di un Cristo crocifisso proveniente da Casteferretti. E’ una statua a grandezza naturale, perché non ve lo riprendete?”.
Al sentire quelle parole Marco ebbe un sobbalzo, pensò che poteva trattarsi del Cristo “gross gross” di Castelferretti e immediatamente pensò di doverlo ASSOLUTAMENTE riportare a “casa”.
La notizia era troppo importante per tenersela per sé, ne parlò subito con Don Gabriele, il parroco di Castelferretti e con il prof. Tonelli, appassionato di storie locali.
Assieme decisero di recarsi presso i magazzini del museo diocesano per prendere visione della statua. Risultarono palesi le disastrose condizioni del manufatto tanto da consigliare la massima prudenza.
In accordo con il parroco, con il responsabile della Curia e su indicazione della soprintendenza, fu contattata per un preventivo di restauro la ditta Pieramici di Urbino.
L’onere finanziario per il restauro completo risultò notevole e sicuramente non alla portata delle finanze parrocchiali. Grazie all’interessamento di Maurizio Andreoni ed al coinvolgimento del dott. Riccardo Mannucci, membro del consiglio direttivo della Banca di credito Cooperativo di Ancona – Falconara, è stato possibile restaurare l’opera.
(Per inciso, la banca di Ancona Falconara BCC, in origine si chiamava Cassa rurale ed artigiana di Castelferretti, fondata nei primi del ‘900 dall’allora parroco di Castelferretti Don Mariano Montali ed ebbe la sua sede proprio in uno dei locali della parrocchia).
La statua lignea è ad altezza naturale un metro e settantatré, assai rara nel suo genere perché completamente snodata, collo, spalle gomiti, polsi, busto, ginocchia e caviglie, con in testa capelli veri e corona di spine. Veniva utilizzata durante la settimana santa quando veniva rievocata la passione di Cristo che terminava con la deposizione del corpo dalla croce per poi portarlo in processione per le strade del paese.
Presentazione ufficiale della iniziativa all’apertura della mostra. Presenti il presidente della banca Sergio Cugini, il vicepresidente Luigi Giulietti, il Direttore generale Stefano Donzelli, i Consiglieri Alberto Bellucci e Riccardo Mannucci, il sindaco Stefania Signorini oltre ad un nutrito numero di cittadini.
Durante i lavori di restauro grazie al contributo di alcuni esperti è stato possibile datare l’opera, essa dovrebbe risalire agli inizi del ‘500. Sicuramente in origine si trovava all’interno della chiesa quattrocentesca esistente all’interno del castello dei Ferretti come si evince da due inventari, conservati nell’archivio parrocchiale, uno del 1769 redatto da don Domenico Donzelli e l’altro dell’Anno 1828 redatto da Gio Batta Canonico Martini in cui è riportato: “Sotto la mensa di detto Altare conservasi una statua di Nostro Signore rappresentante il Cristo Morto che si porta in processione il Venerdì Santo”.
Con la costruzione della chiesa attuale nella seconda metà dell’800 e la contemporanea demolizione di quella vecchia, il crocifisso fu spostato all’interno di quella nuova. La statua continuò ad essere utilizzata nelle funzioni della Pasqua fino alla prima metà del ‘900, poi questa usanza è andata perduta e la statua, oramai vecchia e annerita dalla polvere e dai fumi delle candele, con la sua croce fu posta all’interno di una nicchia dietro l’altare maggiore e non è stata più esposta ai fedeli. Alla fine degli anni sessanta in occasione dei lavori eseguiti all’interno della chiesa fu trasferita presso i depositi della Curia arcivescovile dove è rimasta per circa sessant’anni.